I dati veneti sulla sicurezza nei luoghi di lavoro dei primi due mesi del 2023 non sono affatto buoni e, per quanto riguarda gli incidenti mortali, risultano in controtendenza rispetto all’andamento nazionale.
Si registrano nel periodo gennaio-febbraio già 12 vittime, con un aumento del 33,3% rispetto agli stessi mesi dello scorso anno (a livello italiano, invece, c’è una riduzione del 12,28%). In incremento, secondo l’Inail, anche le denunce di malattia professionale: più 28,15%.
E veniamo da un anno, il 2022, terribile: con 113 morti sul lavoro, 3.917 denunce di malattia professionale, 83.885 denunce di infortunio. Tutti numeri peggiori rispetto a quelli del 2021.
La situazione dei morti per esposizione all’amianto non è meno drammatica. L’ultimo censimento conta, nella nostra regione, 2.444 decessi tra il 1993 e il 2018. E parliamo di malattie spesso molto gravi, alcune delle quali si manifestano nei lavoratori e nelle lavoratrici anche molti anni dopo l’esposizione: motivo per cui, purtroppo, le morti sono destinate a crescere. Solo nel 2021 (dati Inail) la malattia connessa all’esposizione all’amianto è stata riconosciuta per ben 76 lavoratori e lavoratrici veneti.
«La strage prosegue e i dati continuano a peggiorare – dichiarano Silvana Fanelli (Cgil Veneto), Luca Mori (Cisl Veneto), Carlo Biasin (Uil Veneto) –, questo non è più tollerabile e deve far riflettere tutti: forze sociali, parti datoriali, istituzioni. Il piano strategico per la salute e la sicurezza, rinnovato con la Regione del Veneto, è senza dubbio uno strumento importante, a patto però che sia applicato con rigore e non rimanga, come avvenuto in precedenza, per gran parte sulla carta. In particolare per quanto riguarda il potenziamento degli organismi di controllo, in primis attraverso l’assunzione del numero adeguato di ispettori e tecnici della prevenzione».