Ceramica Dolomite di Borgo Valbelluna da una parte, Hydro Extrusion di Feltre dall’altra: la situazione geopolitica, combinata a una crisi di prodotto, sta attanagliando il bellunese. Si tratta di un dramma immenso per i lavoratori e per le loro famiglie e di uno smacco per il territorio. Le nostre categorie sono mobilitate e avranno tutto il sostegno della Uil Veneto per affrontare queste questioni e trovare le soluzioni necessarie. Ma occorre guardare oltre la contingenza e fare un ragionamento più ampio. I tanti casi che si sono verificati in questa provincia ci rafforzano in una amara convinzione. Finché le aziende hanno potuto godere dei vantaggi creati dai contributi del post Vajont, tutto è andato bene. Chiusi i rubinetti, non si è continuato a investire sul territorio. Si è preferito delocalizzare, vendere, chiudere. Spiace dirlo, ma il territorio stesso – le amministrazioni, i comitati – sembra non comprendere che senza lavoro, muore la nostra terra.
Pensare di farsi ascoltare dalla politica se al voto va il 35% dei bellunesi è pura utopia.
Già la nostra provincia è svantaggiata, dal punto di vista infrastrutturale, rispetto ad altre zone del Veneto: se poi ogni insediamento diventa oggetto di contestazioni e obiezioni, non ne veniamo più fuori. È il caso, per esempio, della Metalba di Fortogna: per i comitati la fonderia inquina anche quando è spenta, per l’azienda tutte le norme e le prescrizioni ambientali – qui più stringenti che altrove – sono rispettate. “Nimby”, dicono gli inglesi, “not in my backyard”, non nel mio giardino. Chiariamo, nessuno vuole fabbriche inquinanti o realtà che non abbiano una visione sostenibile, ma non bisogna arrivare agli eccessi.
Bisognerebbe invece agevolare, incentivare, sburocratizzare gli insediamenti e arrivare ad un corretto equilibrio tra industria e territorio.
E infine, un ultimo cenno alla questione occupazionale. Se è vero, come ascoltiamo di continuo, che in Veneto mancano migliaia di lavoratori con competenze specifiche e contemporaneamente ci sono realtà industriali che chiudono e licenziano, perché non creare un percorso virtuoso, una piattaforma regionale, che fotografi gli esatti fabbisogni del territorio, che incroci realmente domanda e offerta e che spinga verso la riqualificazione, la riprofessionalizzazione di chi è stato espulso dal ciclo produttivo ma non ha ancora maturato il diritto alla pensione? Il mondo del lavoro cambia velocemente e saper affrontare questa sfida della formazione e della ricollocazione delle persone può fare la differenza: nel bellunese e in tutto il Veneto”.

