Sale il reddito medio dei veneti, sale la tassazione, ma nel 2024 il saldo è positivo. È il risultato dell’analisi – effettuata dal Centro Studi Sociali ed Economici del Veneto – delle dichiarazioni dei redditi effettuate agli sportelli del CAF Uil Veneto nel 2025. Ampio il campione di osservazione: 60mila le pratiche esaminate.
“C’è una differenza sostanziale rispetto all’analisi di un anno fa”, spiega il segretario generale di Uil Veneto Roberto Toigo. “Tra il 2022 e il 2023 il reddito medio era aumentato del 4,43%, ma inflazione e tassazione ne avevano annullato i benefici, con i veneti paradossalmente più poveri. Quest’anno, l’intervento del governo sul cuneo fiscale e la riforma degli scaglioni Irpef hanno dato i loro frutti. Erano misure che la Uil chiedeva da tempo, c’era stato pure uno sciopero generale con il governo Draghi. Abbiamo sostenuto questa richiesta anche con il governo Meloni, riconoscendo la bontà dell’intervento. È vero che si tratta di una misura prevista per soli cinque anni, ma ci auguriamo che possa diventare strutturale”.
Tornando ai numeri, l’aumento medio dei redditi delle persone che si sono recate ai Caf della Uil Veneto è del 4,90%, con le punta massima a Padova (+5,36%) e quella minima a Verona (+3,46%). La crescita dell’Irpef lorda è stata, in media, del 2,01% (con una punta massima del +3,53% a Venezia e un dato addirittura negativo a Vicenza, -3,29%). Il conto è presto fatto: con un aumento medio del reddito di quasi il 5% e una tassazione che aumenta “solo” del 2%, nelle tasche dei contribuenti resta un 3% in più, assumendo che detrazioni e deduzioni fiscali rimangano pressocché invariate. Un piccolo segnale, ma importante.
“C’è però un altro dato che ci deve fare riflettere, e cioè la differenza di reddito tra uomini e donne. Se fino a 30 anni è di quasi 4000 euro a favore degli uomini (21 mila euro contro 17mila), diventa quasi il doppio nella fascia d’età tra i 30 e i 50 anni (29mila euro contro 21mila) e sopra i 50 anni (30mila euro gli uomini, 22mila euro le donne). Non essendoci una differenza contrattuale rispetto al genere, questa grande distanza indica la grande difficoltà delle donne a poter lavorare a tempo pieno, per il genere di impiego o per la conciliazione dei tempi vita-lavoro. Una differenza così grande, infatti, non si spiega altrimenti che con impieghi part-time, volontari o involontari che siano. È sicuramente una delle sfide che dovremo affrontare per arrivare ad una reale parità di genere.