“Ci deve far riflettere quanto è emerso dal rapporto sul lavoro presentato dalla consigliera di Parità della Provincia di Vicenza. Evidentemente qualcosa non va e deve essere immediatamente attenzionato: le donne risultano sempre più discriminate nell’ambito del lavoro e addirittura la maternità invece che un valore viene vissuta dalla maggior parte dei datori di lavoro come un elemento di debolezza. Non va bene, bisogna lavorare tutti insieme, con istituzioni e organizzazioni datoriali, per invertire la rotta”. Sono le parole, intrise di preoccupazione, che Roberto Toigo, segretario generale della Uil Veneto, ha espresso dopo aver appreso del documento provinciale di Vicenza che getta un’ombra sulla situazione che vive il genere femminile al lavoro.
“Un’altra preoccupazione – ha continuato –che emerge in maniera dirompente dallo studio vicentino è che le donne, sempre di più per paura di ritorsioni, evitano di chiedere aiuto, anche a noi del sindacato che abbiamo come ruolo principale proprio quello di tutelare i lavoratori e le lavoratrici. Questo dato deve spingerci a lavorare affinché soprattutto le persone più fragili, in questo caso le donne, debbano sentirci più vicine a loro come uno strumento utile ed efficace per poter riacquistare quella serenità e quella dignità che sono necessarie e doverose per chiunque lavori”.
Per restituire dignità nel lavoro alle donne c’è ancora tanto da fare: “Come Uil Veneto, – ha detto Toigo – vediamo che la donna ancora, nella maggior parte dei casi, ricopre il ruolo di custode del focolare domestico e per questo tipo di cultura, ancora ben radicata nel nostro territorio e alimentata fin da bambini, la donna automaticamente fa uno e più passi indietro nel lavoro per accudire i figli e i genitori”.
A confermarcelo sono i numeri: “In Veneto, nel settore privato (anno 2022), – aggiunge Toigo – la retribuzione di una donna in media è di 18.481 euro, mentre quella di un uomo è di 27.750 euro. In pratica, per quanto riguarda il salario tra uomo e donna, c’è una disparità del 33,4 per cento. Perché? Facciamo attenzione perché questi numeri non devono farci pensare che la donna prende uno stipendio inferiore a quello di un uomo, ma che la donna recepisce uno stipendio inferiore per via dell’inferiore orario di lavoro che svolge. In Veneto il 28,4 per cento dei dipendenti è in part time, cioè circa 478mila dipendenti: il 72 per cento è donna, ovvero 344mila dipendenti. E la scelta del part time viene fatta sempre dalla donna che mette in disparte il proprio talento e il proprio studio per accudire la famiglia. Per invertire la rotta e permettere alla donna di emergere e di diventare protagonista nel mondo del lavoro bisogna che tutti quanti facciamo qualcosa in più, dobbiamo tutti rimboccarci le maniche e lavorare insieme, dalle istituzioni alle scuole, alla cultura. Chiudo riallacciandomi alla tragedia di Giulia Cecchettin e a quella di Vanessa Ballan che ci ha mosso un po’ tutti, come un terremoto ci ha sconquassati all’interno spingendoci a promuovere il cambiamento: sfruttiamo questo momento difficile e tragico perché il lavoro, la parità, la dignità significhi anche sicurezza per la donna, voglia di vivere, di fare e di crescere anche nel lavoro. Non dobbiamo solo raccontarlo che la donna è l’asse portante della società e della famiglia e non dobbiamo ricordarcelo solamente quando ci deve stirare le camicie o preparare la cena”.