PNRR, occorre un ripensamento

In questi giorni si discute molto della necessità di ricalibrare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il pensiero torna alla relazione al congresso regionale della Uil Veneto. Era il luglio del 2022 e dicevamo: «Abbiamo una possibilità, forse irripetibile, fornita dal PNRR. Ma dobbiamo essere concreti: esso non è la medicina per tutti i nostri mali. È una opportunità, ma ricordiamo anche che siamo il Paese che vanta due tristi primati. Siamo quelli che abbiamo ricevuto più fondi, e non perché fossimo i più bravi e meritevoli, ma perché eravamo quelli che ne avevano più bisogno. E siamo quelli che abbiamo chiesto più contributi in prestito: sono soldi che dovremo restituire. C’è un’aggravante: il PNRR è già vecchio e inadeguato. La crisi provocata dal rialzo della bolletta energetica e poi dall’invasione russa dell’Ucraina ha spostato gli equilibri e cambiato le priorità. Il dibattito sulla modifica del PNRR per fortuna è in corso, tutti si sono resi conto che quel Piano debba essere cambiato, ma con quali obiettivi? Oggi, quando senti che un cittadino chiede a un sindaco di riparare una buca in strada, la risposta è: “Useremo i fondi del PNRR”. È un approccio sbagliato, questa opportunità deve servire per riprogettare il nostro Paese».

Parole che suonano di estrema attualità. Non avevamo la palla di cristallo: quel ragionamento era frutto dell’osservazione della società, del dialogo con le persone. Oggi, a quel pensiero, si aggiungono due nuove riflessioni. La prima scaturisce dalla tragedia che si è consumata qualche settimana fa in Emilia Romagna, con la devastazione e le morti provocate dall’alluvione. Si parla già di ricostruzione, di infrastrutture e di interventi da attuare. Ma ci rendiamo conto che continuare a cementificare, costruire tanto per fare, rischia di peggiorare la situazione? Abbiamo edifici, strade, scuole, ospedali da ristrutturare, da modernizzare: dovremmo occuparci di curare e restaurare l’esistente, invece che ferire ancora il territorio. La seconda riflessione si lega intimamente alla prima, ed è legata alla dinamica demografica. Secondo l’Istat, la popolazione in Italia passerà da 59,2 milioni del 2021 a 57,9 mln nel 2030, a 54,2 mln nel 2050 fino a 47,7 mln nel 2070. E sarà una popolazione più vecchia, con esigenze diverse. Sorvolando sulla tenuta del nostro welfare (con meno lavoratori che pagheranno le tasse, sarà complicatissimo poter garantire non solo le pensioni, ma anche i servizi essenziali), ci rendiamo conto che il PNRR, così come concepito ora, rischia di favorire la nascita di cattedrali nel deserto? Di strade che non verranno percorse, di scuole che non verranno frequentate, di ospedali in cui non ci saranno medici a sufficienza per farli funzionare? Occorre una profonda riflessione, dunque, che tenga conto di queste dinamiche e che abbia il coraggio di guardare al futuro con spirito critico e realistico. Noi siamo disponibili a offrire i nostri suggerimenti, per dare alla nostra Regione e al nostro Paese una prospettiva concreta.

Roberto Toigo